È appena finita la Fashion Week milanese, uno dei momenti più attesi nell’anno per l’industria della moda e per molti considerato imperdibile. Si tratta di una serie di eventi che si svolgono in diverse città del mondo, le più famose le Fashion Week di Milano, Parigi, Londra e New York, attirando migliaia di visitatori, star del cinema, designer e giornalisti da tutto il mondo per le presentazioni delle nuove collezioni. È sicuramente noto a tutti, non solo agli addetti ai lavori, per la sua spettacolarità e la sua visibilità.
Dal punto di vista della società, le Fashion Week rappresentano un’opportunità per i designer di esprimere la propria creatività e per le persone di scoprire le nuove tendenze della moda. Inoltre, le Fashion Week generano una grande quantità di lavoro per modelle, fotografi, truccatori, parrucchieri e altre persone che lavorano nell’industria della moda.
Tuttavia, le Fashion Week sono spesso criticate per essere esclusive, poco accessibili e poco inclusive. Sono un’ulteriore espressione del consumismo sfrenato che caratterizza la società contemporanea.
Sono tanti i problemi etici e lavorativi nell’industria della moda che durante il periodo delle sfilate peggiorano. Se pensavate che il film Diavolo veste Prada sia esagerato, non avete torto…ma è spesso il ritratto del “lato oscuro” dell’industria della moda, un corri corri sfrenato da parte di tutti con orari al limite che peggiora, naturalmente, prima di eventi e sfilate.
Ma non parliamo solo della parte del design: anche la produzione e la catena di approvvigionamento dell’industria della moda sono spesso fonte di abusi. In molti paesi del mondo, i lavoratori delle fabbriche tessili vengono pagati salari bassissimi e costretti a lavorare in condizioni precarie e poco sicure.
Questi problemi etici e lavorativi nell’industria della moda non sono solo un problema per i lavoratori coinvolti, ma hanno un impatto negativo anche sulla società e sull’ambiente. La mancanza di regolamentazione e il basso costo della manodopera hanno portato ad una produzione su larga scala e ad un consumo eccessivo di abiti, che hanno un impatto significativo sull’ambiente.
È importante che i brand di moda si impegnino a garantire la trasparenza della loro catena di approvvigionamento e ad adottare politiche etiche e sostenibili per la produzione dei loro prodotti. Le autorità competenti dovrebbero garantire il rispetto dei diritti dei lavoratori e la tutela della loro sicurezza sul lavoro.
Ma esiste un modo per agire: puoi unirti alla campagna “Good Clothes, Fair Pay” e firmare la petizione per chiedere alle aziende di moda di adottare politiche etiche e sostenibili per la produzione dei loro prodotti.
Firmare la petizione è un modo concreto per esercitare pressione sui brand di moda affinché si impegnino a garantire la trasparenza della loro catena di approvvigionamento e ad adottare politiche etiche e sostenibili per la produzione dei loro prodotti. In questo modo, possiamo contribuire a rendere l’industria della moda più sostenibile e responsabile.
Se sei interessato, puoi trovare la petizione sul sito ufficiale di “Good Clothes, Fair Pay”.
Agire è importante, perché solo insieme possiamo fare la differenza e costruire un futuro più sostenibile per l’industria della moda e per il nostro pianeta.
Dal punto di vista dell’ambiente, le Fashion Week rappresentano un problema serio. L’industria della moda è una delle più inquinanti al mondo, e le Fashion Week contribuiscono in modo significativo a questo problema. Le sfilate richiedono l’uso di una grande quantità di materiali per le scenografie e il marketing, come tessuti, carta e plastica, che spesso finiscono per essere gettati via. Gli abiti invece dopo le sfilate avranno un bel giro da fare, tra fotografi, shooting e poi vendita e svendita – vi consigliamo un interessante articolo che descrive il giro degli abiti da sfilata sul Post
Inoltre, le Fashion Week richiedono un grande dispendio di energia elettrica, soprattutto per l’illuminazione e l’aria condizionata. Ma non solo.
Dal 21 al 27 febbraio a Milano sono stati 165 gli appuntamenti segnalati nel calendario della Camera Nazionale della Moda italiana. Secondo Confcommercio su 103mila arrivi per la Milano Fashion Week 2023 almeno 45.500 sono stati stranieri. Ora pensiamo anche alle emissioni negli spostamenti dei visitatori da tutto il globo, e gli spostamenti interni se questi sono i dati di una sola edizione di una sola città (visto che ogni brand ha anche la propria location dove sfilare)
Capiamo bene che seppure è una delle industrie più inquinanti al mondo, la moda è anche una delle più redditizie.
Solo nel 2022 la moda italiana ha avuto ricavi in crescita oltre le stime: il fatturato è salito del 18% a 98 miliardi di euro, contando i settori collegati come occhialeria, gioielli e beauty secondo un articolo del Corriere della Sera.
Sappiamo che l’economia è importante ed il settore è uno dei trainanti, soprattutto in Italia.
Quello che si chiede da anni, la cui prima promotrice è stata Fashion Revolution, è di avere maggiore trasparenza nel sistema e soprattutto lavoro etico e pagato il giusto.
Non possiamo continuare a dire “GRAZIE” ad un sistema del genere se non effettua cambiamenti alla sua catena.
Come afferma Cecilia Frajoli Gualdi, fondatrice insieme a Fabio Pulsinelli del progetto Dress the change, «Parlare di moda ora significa parlare di diritti sociali e diritti ambientali. Poteva sembrare strano dieci anni fa, cinque anni fa, adesso non più», cito da un’intervista con l’Espresso.
Parliamone e cerchiamo di risolvere il problema alla radice, un passo alla volta, ma non facciamo più finta di nulla.
Facciamo scelte consapevoli, se potete comprate da artigiani o dai designer qui su Appcycled, se vi piace il vintage poi c’è solo da scegliere in quale mercatino andare oppure scegliere tra Vinted o Vestiaire Collective.
Se preferite i grandi marchi vi consiglio di prendere visione di questo bellissimo report Fashion Transparecy Index che contiene una rassegna di 250 dei più grandi marchi e rivenditori di moda del mondo classificati in base al loro livello di trasparenza sui diritti umani e politiche, pratiche e impatto ambientale.
Insomma informiamoci, passiamo il messaggio a chi ci circonda e cerchiamo di fare del nostro meglio non lasciandoci ingannare solo dall’esteriorità delle cose.